SITO IN COSTRUZIONE
Blank Jeet Kune Do
italian organization
CONFUNCIANESIMO
BUDDHISMO
DA BODIDHARMA ALLO ZEN GIAPPPONESE
Bodydharma era il terzogenito di un re indiano divenuto un principe guerriero della casta degli Kshatriya e la sua famiglia apparteneva ai Bramini. Visse tra il 470 e 547 d.c. Fu il 28° Patriarca del Buddismo Zen. Il suo Onorevole Maestro Spirituale, Prajnata gli diede il nome Sanscrito di Bodi (Verità) e Dharma (Regole) e per volere di questi egli introdusse il Dharma in Cina nel 526 d.c. Recatosi a Shaolin la leggenda narra che si imbattè in una grotta dove rimase per 9anni in totale meditazione.
Una volte egli si addormentò durante la meditazione e molto deluso arrivò al punto di tagliarsi le palpebre per non chiudere mai più gli occhi.
Cadendo a terra le sue palpabre fecero germogliare la prima pianta del te. Da quel momento il te acquistò per i monaci Zen un significato mistico, nel detto “Lo Zen ed il Te hanno lo stesso aroma.”
Un’altra leggenda vuole che BodiDharma non amasse essere disturbato durante le sue pratiche e che rimase così a lungo seduto in meditazione da perdere le gambe. Nei nove anni che egli passò nella grotta, si riempirono di piaghe infette. Ecco perché spesso viene raffigurato con solo il mezzo busto e l’espressione burbera ed accigliata.
I successori di BD furono il monaco Hui K’o 480-590dc, Hung-Jen 600-670dc, Tao-Hsing 580-651dc.
Il successore di Hung-Jen fu Hui Neng che visse a cavallo tra il 638 e 713dc. All’età di 30 anni dopo aver ascoltato in una piazza pubblica un monaco recitare i sutra ne rimase folgorato al punto da voler entrare nel monastero Huángmeishan situato nella montagna del Prugna Sacra. Dopo la sua morte la Scuola si divise nella corrente del Nord di concezione indiana e Scuola del Sud di concezione cinese.
Le due scuole differivano nel fatto che quella indiana vedeva l’illuminazione come un esperienza graduale, mentre quella cinese diceva che era come un lampo improvviso. Quest’ultima durante la dinastia T’ang 618-706dc conobbe un periodo di autentico fulgore. Quella del nord si estinse per il poco interesse. Tra l’840 e l’846 il Buddismo in Cina fu oggetto di tremende persecuzioni da parte dell’imperatore Wu-Tsung.
Nel periodo delle 5 Dinastie si divise in cinque lignaggi: Kuei-Yang / Lin-Chi / Tung-Shan/Yung-Men/Fan-Yen. Tuttavia non tutti i lignaggi ebbero vita lunga perché durante la dinastia Sung 960-1280 rimasero attive solamente due case. La Tung-Shan 800-880 dc e la Lin-Chi 895-975dc.
BARUCH-SPINOZA ברוך שפינוזה (1632 :1677)
Baruch-Spinoza nacque ad Amsterdam in Olanda il 24 Novembre del 1632 da una famiglia benestante. Il Padre Michael e la madre Deborah vi si erano trasferiti da Nantes per via della esosa politica erariale imposta da Richelieu, ereditando l’attività mercantile da alcuni parenti.
La famiglia appartenne alla comunità ebraica dei Sefarditi e Baruch a 7 anni inizia la sua formazione scolastica apprendendo da un maestro anche l’ebraico. Ma a 24 dopo aver tentato di rilevare inutilmente l’attività commerciale del padre (deceduto quando ne aveva 22), avviene l’epilogo: un Rabbino della sinagoga di Amsterdam, il 27 Luglio del 1656, in seguito alle sue posizioni religiose definite blasfeme, atee e la sua decisione di abbandonare lo studio dello ebraico per apprendere il greco-latino, lo maledice pubblicamente definendo questa maledizione una maledizione divina. Baruch infatti si era cercato un certo Talmud Torah Franciscus Van den Enden insegnante di greco-latino ex Gesuita scomunicato e cacciato dall’ordine perché gran donnaiolo dalle idee radicali repubblicane (impiccato a 70 anni per avere tentato di uccidere il Re Sole) venendo totalmente coinvolto nella filosofia classica greca e latina attraverso le rappresentazioni teatrali umanistiche della fantasia e metodologia del Gesuita. Subito dopo l’emanazione della maledizione, lascia Amsterdam alla volta del piccolo villaggio di Rijnsburg, dove risiede la comunità protestante dei Collegiali (conosciuti nella città natale tempo prima) che rifiuta la rigida imposizione della dottrina calvinista e la gerarchia della chiesa cristiana. Qui si guadagnerà da vivere vivendo in affitto, costruendo ed intagliando lenti per microscopi e cannocchiali. A Baruk piace la politica collegiale, lontana dalle imposizioni religiose, la vita pacifica e la credenza nella piena libertà di scelta dell’individuo: ne abbraccia la causa e diventa uno loro, una decisione che in seguito non abbandonerà mai più e che segnerà vistosamente tutto il suo percorso filosofico.
Rijisburg tuttavia non lo taglia fuori dai contatti intessuti ad Amsterdam, tramite una fitta serie di lettere che poco a poco arrivano alla volta della Reale Società di Henry Oldenburg, Milton, Cromwell, Thomas Hobbes e Robert Boyle. In poco tempo le sue idee sulla negazione della verità e della fede, sull etica, sull’estetica si diffondono in tutta Europa perché a suo dire servono per la stabilità sociale. L’ Olanda del 600 deriva dalla liberazione dell’occupazione Spagnola. Essa è un pezzo di mondo dominato da insidie di potere condotti da gruppi ideologici opposti: i calvinisti repubblicani con Jan De Witte detto il “Pensionario” che appoggia la classe oligarchica dei mercanti e gli “Orangisti” monarchici di Gulgiello d’Orange. Esisteva in seno a questa società olandese la “Tolleranza sul Gruppo” che prevedeva l’Identità Religiosa come lascia passare per l’espressione individuale. Nessuno poteva agire tramite se stesso ma solo attraverso l’appartenenza religiosa ed in questo modo era possibile ad esempio, pubblicare testi, tomi, manifestare pubblicamente senza essere considerati dei fuori legge. Compreso questo abbiamo compreso l’accanimento sociale verso Spinoza: da uomo libero, scelse e questa scelta lo esiliò dall’appartenenza al gruppo privandolo della libertà incondizionata. Nel 1663 Baruch trasloca a Voosburg (Aia) presso il pittore Van der Spyck dove viene in contatto con Christian Huygens uomo di scienza e grande cultura (figlio d’arte, di padre grandissimo poeta diplomatico e uomo politico) e Jan De Witt, il più grande statista d’Olanda del tempo famosissimo per il suo sapere matematico. De Witt aveva appena pubblicato dei tomi anti-orangisti raccogliendo i consensi della classe liberale e su di lui si erano concentrate le idee di Spinoza con un eco riflessivo ed epistolare (pubblica degli scritti similari inviati anche allo stesso De Witt). Nel 1672 il “Pensionario” cade rovinosamente dal suo piedistallo: gli Orangisti delle Provincie Riunite Olandesi si coalizzano con Francia ed Inghilterra per arginare il dilagare del commercio marittimo delle navi olandesi in tutto il globo. Un trattato concede a Luigi 14° Re di Francia di occupare ed invadere i Paesi Bassi con il suo esercito ed al tempo stesso viene diffusa la voce (dai fanatici predicatori calvinisti) della cospirazione contro il Re Sole di De Witt e di suo fratello Cornelius che viene catturato ed imprigionato all’Aia. Durante una visita di De Witt a Cornelius, gli Orangisti in massa invadono inferociti le carceri e nella pubblica piazza, i due vengono trucidati e dilaniati, con i loro brandelli di carne appesi nellestrade della città.
Si grida allo scempio e Spinoza ne rimane orripilato per la paura e la disapprovazione. Con la vittoria degli Orangisti termina la libertà, il diritto alla libera espressione in tutto il Paese.
Il pensiero di Spinoza è “filo Cartesiano (GNOSEOLOGIA) sulle orme di Giordano Bruno” e tuttavia è fortemente centrato sull’Etica: “Non c’è niente che l’uomo libero non pensi meno che alla morte”. Il tema dell’Etica la quale “risolve tutti i problemi fondamentali della Fisica, accompagnerà tutta la sua dissertazione filosofica come problema predominante e circostanziale ed egli si dimostrerà sempre all’altezza delle sue parole”. Il suo lavoro più importante è proprio così intitolato “Etica”.
Nel suo “Trattactus de Intelllectus Emendatione” , Spinoza ritiene che l’uomo libero dalle passioni e dai turbamenti possa godere di una gioia suprema e continuativa, ed egli tratta del bene, in base a ciò che accade, il quale tuttavia segue l’ordine naturale delle cose che non è nè buono, ne cattivo, nè perfetto e né imperfetto e lo si può percepire affidandosi al puro intelletto alla ragione e all’ immaginazione.
Secondo questa affermazione il sommo bene deriva dalla consapevolezza e dalla coscienza, che dispone la mente all’unione con la Natura. Per l’uomo inconsapevole questo è impossibile a meno che egli non purghi la sua mente affinchè riesca a riconoscere quest’ordine con successo e nel miglior modo possibile.
Le “Riflessioni Metafisiche” esposte dal punto di vista Cartesiano, sono una dissertazione sul concetto di idea vera e falsa paragonabile a quello tra intelletto ed immaginazione perché da quest’ ultima nascono le false idee.
Tutta la “Filos” di Spinoza è una METAFISICA in contrapposizione alle forme, alla superstizione ed alla speculazione appoggiata dalle religioni, un’intolleranza al fanatismo ed al proselitismo settario.
Queste idee non negano però l’esistenza di Dio e dei suoi attributi, come causa naturale necessaria. Le passioni sono in grado di turbare il corso evolutivo di un uomo se derivano dalla sola conoscenza, mentre quelle nate dall’intelletto lo possono solo processare. La passione nociva non deriva da Diavolo ma dall’opinione e lega alle cause mutevoli come la paura di perdere uno status o una condizione economica. La condizione del bene e del male è l’affezione e la mancanza di distacco, l’amore per il soggetto, oggetto. Poichè la somma gioia deriva dall’unione con Dio, di conseguenza è bene tutto ciò che ne è a favore e male quello che ostacola questa unione.
Nel 1670 Spinoza pubblica il “Trattato Teologico Politico” dedicato agli uomini di sapere, una crisi sulla metafisica con un seme di tempesta che non poteva essere gettato viste condizioni storiche politiche del suo vissuto esperienziale. Una Tesi concertata su dissertazioni religiose e politiche dove non esiste libertà senza conoscenza. Per cui la schiavitù deriva dall’ignoranza ed il metodo usato dai governi per controllare le masse è l’omertà, l’occultamento della verità. Secondo Spinoza “Più conosciamo, più sappiamo e più siamo liberi”.
Nel 1676 muore minato dalla tubercolosi. Riamane e rimarrà comunque uno dei maggiori capisaldi della Filosofia del JFJKD, per le sue idee rivoluzionarie ed anticlassiste.
JIDDU-KRISHNAMURTI (1895 : 1986)
Jiddu Krishnamurti nacque l`11 maggio 1895 a Madanapalle, una cittadina nell’India del sud. Insieme a suo fratello Nitya, venne adottato da ragazzo da Annie Besant, allora presidente della Società Teosofica. La Besant e altri proclamarono che Krishnamurti era destinato a diventare un maestro per il mondo, la cui venuta era stata predetta dai teosofi. Per preparare il mondo a questo evento, fu creata un’organizzazione mondiale chiamata Ordine della Stella d’Oriente, e il giovane Krishnamurti ne fu messo a capo. Nel 1929, però, Krishnamurti rinunciò al ruolo che si pretendeva da lui, sciolse l’Ordine con tutto ii suo enorme seguito, e restituì tutto il denaro e i beni che erano stati donati per quel lavoro. Da allora, per circa sessant’anni, fino al momento della sua morte avvenuta il 17 febbraio 1986, Krishnamurti viaggiò per tutto il mondo parlando sia di fronte a un vasto pubblico che in incontri individuali, della necessità di un cambiamento radicale nell’umanità. Krishnamurti è universalmente considerato uno dei più grandi pensatori e maestri religiosi di tutti i tempi. Non predicò alcuna filosofia o religione, parlò invece di cose che riguardano la vita quotidiana di tutti noi, dei problemi del vivere nella società moderna, con la sua violenza e corruzione, della ricerca individuale di sicurezza e felicità, e della necessità che l’umanità sia libera dai fardelli interiori di paura, collera, ferite e dolori. Spiegò con grande precisione il sottile funzionamento della mente umana, e sottolineò la necessità di portare nella nostra vita quotidiana una profonda qualità meditativa e spirituale. K. NON appartenne ad alcuna organizzazione religiosa, setta o nazione, né aderì ad alcuna scuola di pensiero politico o ideologico. Al contrario, sostenne che proprio questi sono i fattori che dividono gli esseri umani e che producono conflitto e guerra. Ricordava continuamente a chi lo ascoltava che noi siamo prima di tutto esseri umani e non indù, musulmani o cristiani; che siamo uguali al resto dell’umanità, non siamo diversi l’uno dall’altro. Raccomandava di camminare con leggerezza su questa terra, senza distruggere noi stessi e l’ambiente. Comunicava sempre in chi lo ascoltava un profondo senso di rispetto per la natura. Il suo insegnamento trascende i credi inventati dall’uomo, i sentimenti nazionalistici e il settarismo. Nello stesso tempo infonde nuovo significato e direzione alla ricerca umana della verità. Il suo insegnamento è rilevante non soltanto per l’era moderna, è universale e senza tempo. Egli credeva nella divinità umana da ricercarsi all’interno dell’individuo e come unica possibilità di crescita e di riuscita nella vita terrena. “Per cambiare, per diventare un’altra cosa, dobbiamo capire la causa della nostra ignoranza dalla quale dipendono le nostre sventure. Noi dobbiamo credere in noi stessi, perché se pensiamo solo per un attimo di non superare le difficoltà non ce la faremo mai!
Nessuno è disposto ad aiutarci nel nostro cammino, siamo noi i veri artefici di noi stessi”!
“L’uomo è il centro del problema, l’uomo con il suo sistema di credenze, con i suoi limiti acquisiti o imposti. La via della liberazione risiede all’interno dell’uomo, ma spesso si cerca al di fuori di esso.” Quasi tutti i suoi scritti sono stati tratti dai suoi dialoghi, dalle sue interlocuzioni, mentre parlava ed interagiva con le folle:
“Ci sono molte forme di paura, fisiche psicologiche e psicosomatiche. Si può avere paura del buio, delle persone, di quello che dicono di noi, della solitudine, o del vuoto della vita, della noia di condurre una vita priva di senso. Si può avere paura del futuro, dell’incertezza, dell’insicurezza o della morte. Ci sono molte forme di paura, nevrotiche o razionali, ma la maggior parte delle persone è intimorita dal passato, presente e futuro… Dagli errori commessi in passato e dalla paura di doverli ripetere. Si ha paura di invecchiare, di diventare un rimbambito e di dover dipendere dagli altri. Si ha paura della solitudine e della morte, mentre è opinione comune non doversi conformare a questo pensiero. Si ha paura di non essere in grado di farcela, di non essere in grado di realizzarci, di non diventare qualcuno in questo mondo stupido. Ci sono moltissime paure, consce ed inconsce. Ignote ed inesplorate, nei profondi meandri della nostra mente ed il problema e come affrontare tutte queste paure. La paura della sofferenza. Spesso ci si allontana da ciò che è, si evade, si fugge, ci si allontana dalla realtà per non affrontare i problemi esistenziali. Ma questa strategia conduce alla paura e nessun problema connesso con essa può essere risolto dalla volontà in quanto l’atto di volontà non ha senso dicendo “Non avrò paura”. Quando avete avuto un dolore, è evidente che c’è stato, nessuno lo mette in dubbio, così esiste la paura che un domani si ripresenti e questa è la paura dei ieri ed anche del domani. Come si è arrivati a questa paura? Voi vi siete posti questa domanda non io, perché avete lavorato sodo per ricordare il passato nella speranza di non riviverlo. Pensando al dolore provato ieri, non fate altro che proiettare la paura nel domani, rievocando il ricordo del dolore passato, non fate altro che proiettare la paura nel domani e provare ancora dolore in futuro. Così il pensiero provoca paura, giusto? Ma anche il pensiero coltiva il piacere. Per combattere la paura dovete comprendere ed essere consapevoli del piacere, perché piacere e paura sono relazionati. Non esiste l’una senza l’altro, senza comprendere la paura non si può comprendere il piacere. Non potere dire “devo provare solo piacere e non paura” perché sono complementari. Se oggi provate un grande piacere, di conseguenza esisterà la paura di non provarlo più domani, così il pensiero genera la paura.
La mia domanda è: “Se è il pensiero che si rifiuta di esaminare il nascosto, ovvero le paure inconsce, il pensiero che ha stabilito l’analizzatore separato dall’oggetto analizzato, che ha portato nel tempo la paura come mezzo di evasione sostenendola, nutrendo il piacere allo stesso tempo ma che non ha niente a che fare con la gioia, perché la gioia non è un prodotto del pensiero.Non è piacere, potere coltivare il piacere, pensando continuamente ad esso e ricavare ancora piacere? Ma non lo potete fare con la gioia. Nel momento in cui lo fate, la gioia se ne va perché è diventata qualcosa da cui si ricava piacere, che si ha paura di perdere.” Quindi il pensiero è responsabile della gioia del dolore e della paura. Esso genera il centro dell’io, il mio paese, il mio Dio, la mia nazione, il mio arredamento, la mia casa, le mie esperienze, io, io, io. Il centro dal quale voi pensate ed agite, un centro che divide crea conflitto.”
Non parlava come un Guru ma come un amico e i suoi discorsi e dialoghi non si basavano su una conoscenza tradizionale, ma sulla comprensione profonda della mente umana e la visione del sacro; trasmetteva sempre un senso di freschezza e immediatezza, benché l’essenza del suo messaggio rimanesse inalterata nel tempo. Quando si rivolgeva a un grande pubblico, i presenti sentivano che stava parlando a ciascuno di loro personalmente, riferendosi ai loro problemi particolari. Nei colloqui privati era pieno di compassione e ascoltava attentamente le persone che andavano da lui con il loro dolore, e le incoraggiava a guarire se stesse attraverso la loro propria comprensione. Gli studiosi di religioni trovavano che le sue parole gettavano una nuova luce sui concetti tradizionali. Krishnamurti accettò la sfida di scienziati e psicologi moderni, discutendo insieme le loro teorie passo per passo, dando loro modo talvolta di riconoscere i limiti di quelle teorie. Ha lasciato un grande bagaglio letterario sotto forma di discorsi, scritti, dialoghi con insegnanti e studenti, con scienziati e personalità religiose, conversazioni private, lettere e interviste radio e TV. Molto materiale è stato pubblicato in forma di libri e registrazioni audio e video. Ulteriori informazioni sulla vita di Krishnamurti si possono trovare nelle biografie scritte da Mary Lutyens e Pupul Jayakar.